venerdì 24 dicembre 2010

lao tzu

Colui che conosce gli altri è sapiente;
colui che conosce se stesso è illuminato.
Colui che vince un altro è potente;
colui che vince se stesso è superiore.

mercoledì 10 novembre 2010

John Godolphin Bennett


nasce l’8 giugno 1897 da madre americana e da padre inglese, il maggiore di tre figli. La madre apparteneva a una vecchia famiglia pre-rivoluzionaria del New England e il padre lavorava come corrispondente per la Reuters, l’agenzia giornalistica internazionale.

Sebbene Bennett faccia pochi accenni alla propria infanzia nella sua autobiografia Testimone, in altri scritti riconosce di dovere molto alla madre per avergli instillato l’etica del lavoro e della tolleranza. Avendo trascorso i primi anni della sua infanzia in Italia, apprese a parlare l’italiano prima dell’inglese, il che pose le fondamenta di una straordinaria facilità all’apprendimento delle lingue che gli avrebbe poi permesso, nel corso degli anni, di conversare con molti maestri spirituali, tra i quali Gurdjieff stesso, nella loro lingua madre oltre che consentirgli di studiare i testi sacri indù, buddisti, islamici e cristiani nella versione originale.

Per Bennett l’educazione scolastica si concluse con il diploma; non sfruttò mai la borsa di studio in matematica che aveva ricevuto dall’Università di Oxford poiché gli avvenimenti della sua vita si succedettero così velocemente da non dargli mai più tempo di tornare indietro. Eccellente sportivo, fu capitano della squadra di rugby della sua scuola e continuò a giocare anche nell’esercito. Si ruppe un braccio una volta e la clavicola due volte, ed ebbe poi ad affermare che queste esperienze gli donarono, già in giovane età, una preziosa libertà e indifferenza rispetto al suo corpo.

Durante la prima guerra mondiale, all’età di ventun’anni Bennett divenne capitano nel corpo del Genio britannico. La guerra lo portò a una delle esperienze decisive della sua vita: gravemente ferito alla testa, giaceva in stato di incoscienza su un tavolo operatorio quando ebbe un’esperienza extra-corporea, che lo convinse del fatto che vi è qualcosa nell’uomo in grado di esistere indipendentemente dal corpo. Durante la sua convalescenza avendo visto che l’esercito cercava ufficiali per il servizio segreto nel Vicino Oriente, Bennett si iscrisse a un corso di lingua turca, ritrovandosi poi ad occupare una posizione molto delicata tra Britannici e Turchi a Costantinopoli. Nel 1921, in seguito alla Grande Guerra e alla Rivoluzione russa, Costantinopoli divenne il punto di passaggio obbligato attraversato il quale transitavano molti profughi diretti verso l’Occidente, e parte del lavoro di Bennett consisteva nel monitorare i loro movimenti. Tra questi “profughi” vi furono due uomini alquanto straordinari: G.I. Gurdjieff e P.D. Ouspensky. Gli incontri saltuari con Gurdjieff e Ouspensky a Costantinopoli segnarono la direzione della sua futura ricerca spirituale; tuttavia quando questi si trasferirono in Europa, Bennett rimase in Turchia.

Al suo ritorno in Inghilterra, Bennett fu interpellato in quanto esperto in affari Medio Orientali. Avrebbe potuto facilmente intraprendere una carriera pubblica e fu anche invitato a candidarsi per il Parlamento, ma gli era ormai chiaro che la ricerca spirituale avrebbe avuto la priorità nella sua vita. Nel 1923 rinnovò i contatti con Gurdjieff e trascorse tre mesi all’Istituto Gurdjieff in Francia. A dispetto della brevità del suo soggiorno, fu testimone di avvenimenti che lo convinsero delle capacità di trasformazione spirituale dell’uomo e del fatto che Gurdjieff fosse in possesso di una conoscenza e comprensione profonde delle tecniche per realizzarla. Bennett fu invitato a passare due anni presso l’Istituto, condizione per poter ricevere un aiuto significativo nel suo progresso spirituale. Col senno di poi, sembra strano che Bennett si sia sentito comunque spinto ad andarsene, ma in quel momento si trovava in difficoltà finanziarie e aveva bisogno di mettere in ordine i propri affari. Sebbene fosse sua intenzione tornare da Gurdjieff quanto prima, i due non dovevano più incontrarsi fino al 1948! Tornato in Inghilterra, Bennett si unì a Ouspensky e ai gruppi da lui guidati che studiavano il “sistema” da questi appreso da Gurdjieff; rimase con Ouspensky per quindici anni, iniziando nel 1941 a condurre i propri gruppi e a tenere conferenze pubbliche.

Coloro che venivano ad ascoltarlo si trovavano davanti una figura alta, imponente, dagli occhi azzurri e dall’aspetto giovanile per la sua età. Uomo timido e di poche parole, possedeva un intelletto che in alcune persone incuteva timore. Le prime volte che iniziò a parlare in pubblico apparve insicuro, ma ben presto abbandonò l’uso di appunti e da quel momento in poi si espresse sempre liberamente. Col passare degli anni, le sue conferenze divennero uno dei modi principali attraverso i quali sviluppava le sue idee, e mentre parlava letteralmente andava elaborando concetti “su due piedi”. Nel 1946 Bennett acquistò Coombe Springs, una proprietà di sette acri a sud-ovest di Londra comprendente una villa dell’epoca edoardiana, che per vent’anni fu un centro studi in grado di attrarre centinaia di persone. Pubblicamente Bennett continuò a esporre le idee di Gurdjieff, sebbene privatamente la sua vita interiore fosse in tumulto. Era stato ripudiato da Ouspensky nel 1945 e aveva inoltre perso i contatti con Gurdjieff, che aveva a lungo ritenuto il proprio insegnante, credendolo ormai morto.

La scoperta nel 1948 che Gurdjieff era ancora in vita e che si trovava a Parigi fu quindi altamente significativa. Nei rimanenti diciotto mesi prima della morte di Gurdjieff, che avvenne il 29 ottobre del 1949, Bennett non perse occasione di recarsi a Parigi nonostante i pressanti impegni professionali, e nell’estate del 1949 vi trascorse un mese lavorando intensivamente con Gurdjieff, un’esperienza che fornì le basi per un’ulteriore significativa trasformazione nella sua vita. Fu un momento di svolta che doveva portarlo nei rimanenti venticinque anni della sua vita a divenire più aperto e compassionevole. Considerando quanto poco tempo avesse effettivamente trascorso con Gurdjieff è straordinario ciò che riuscì a ricavare da questa opportunità.

Nel 1950 Bennett abbandonò la vita professionale, si concentrò sul lavoro di gruppo, tenendo frequenti conferenze pubbliche per mantenere una promessa data a Gurdjieff di fare tutto quanto era in suo potere per diffonderne le idee e farle comprendere. Nel 1953 intraprese un lungo viaggio in Medio Oriente, che lo portò a stretto contatto con la religione dell’Islam e vari ordini Sufi. Al suo rientro in Inghilterra, avviò il progetto per la costruzione del Djamichunatra, una grande sala riunioni a Coombe Springs. L’insolito disegno architettonico a nove lati era basato sull’enneagramma, un antico simbolo presentato da Gurdjieff come emblema delle leggi fondamentali della natura. L’opera richiese due anni per essere completata e alla sua apertura nel 1957 Bennett commentò che il valore reale di un simile progetto era nella creazione di una vera comunità.

A partire dalla metà degli anni sessanta il lavoro a Coombe Springs aveva acquisito un nuovo slancio, ma Bennett era pronto a compiere un altro cambiamento; era entrato, insieme ai gruppi da lui guidati, in contatto con Idries Shah, oggi ben noto esponente del Sufismo, ma che a quei tempi stava appena cominciando ad affermarsi, e a cui Bennett offrì il suo aiuto. In accordo con il suo Istituto per gli Studi Comparati, propose di cedere l’intera proprietà di Coombe Springs a Shah, e la donazione fu compiuta nella primavera del 1966. Poco dopo Shah vendette Coombe Springs a chi volle farne delle abitazioni e il Djamichunatra, con le sue meravigliose vetrate, fu raso al suolo. Molti pensarono che Bennett avesse compiuto un grande sbaglio, ma in verità Shah gli fornì un aiuto reale, permettendogli di liberarsi completamente da un luogo al quale aveva dedicato vent’anni della sua vita. Senza quel sacrificio non è detto che Bennett sarebbe stato poi in grado di intraprendere l’ultimo e forse più significativo progetto della sua vita: l’inaugurazione di una “scuola” per la trasmissione di tecniche di trasformazione spirituale.

Ad ogni modo, questa scuola non venne fondata immediatamente; nei successivi quattro anni, Bennett visse una vita tranquilla in famiglia; aveva sposato Elizabeth Howard nel 1958 dopo la morte della sua seconda moglie, e aveva due figli maschi e due femmine. In seguito, nel 1969, dopo una grave malattia che lo aveva portato in punto di morte, egli intraprese un altro importante passo nella sua vita spirituale, passo che sembrò cambiarlo profondamente: infatti iniziò a nutrire un profondo interesse per la condizione dei giovani, specialmente di coloro che, a seguito dei fermenti sociali e culturali degli anni sessanta, si ponevano serie domande sull’esistenza senza trovare risposte soddisfacenti.

Quale parte della sua ricerca sul loro modo di pensare, Bennett partecipò a un festival di musica rock sull’Isola di Wight. Il risultato di tutto ciò fu la creazione di una “Accademia” per impartire alcuni degli insegnamenti che aveva appreso nel corso di una vita intera dedicata alla ricerca spirituale. Il progetto di istituire l’Accademia suscitò un’inaspettata risposta positiva, in particolare negli Stati Uniti, e nell’autunno del 1971 l’Accademia Internazionale per l’Educazione Continua fu inaugurata nel villaggio di Sherborne, nella contea di Gloucester, Inghilterra. I corsi, della durata di dieci mesi, di cui cinque erano proposti “come esperimento”, si dimostrarono essere un terreno fertile, al punto che molte persone continuano tuttora a lavorare con le idee e i metodi da lui presentati, come egli aveva del resto auspicato. Il suo scopo iniziale, in modo alquanto caratteristico, era di condurre i corsi per poi intraprendere qualcosa di completamente diverso, ma morì il 13 dicembre 1974, poco dopo l’inizio del quarto corso. Quel corso, così come il quinto, furono completati sotto la guida di Elizabeth Bennett. Nei mesi prima della sua morte, Bennett iniziò a immaginare una società sperimentale che desse corpo ai metodi e alle idee che aveva ricevuto da Gurdjieff e sviluppato. Si sforzò molto di superare le divisioni formatesi tra i diversi gruppi di seguaci di Gurdjieff e, cosa ancora più affascinante, prefigurò lo sviluppo di nuove forme di religiosità adatte al mondo moderno, suggerendo che i Movimenti di Gurdjieff rappresentassero appunto una di queste forme.

J.G. Bennett ha lasciato in eredità i valori del dono disinteressato di sé e di una ricerca persistente nel mistero e nel significato dell’esistenza. Egli pubblicò numerose opere, ispirò centinaia di persone nella ricerca della realtà alle spese dell’egocentrismo, e stimolò molti a lavorare con le idee e i metodi da lui trasmessi. Ancora oggi continuiamo a imparare dal suo esempio: chi vuole seguire un sistema di idee di trasformazione spirituale deve praticarle e cercare in prima persona di penetrarne il significato.
tratto dal:http://www.illibraiodellestelle.com/libri/luomo-superiore.php

martedì 9 novembre 2010

Orgoglio

L'orgoglio è un buon servitore ma un cattivo padrone.G

lunedì 8 novembre 2010

l'oca nella bottiglia

L'UFFICIALE RIKO CHIESE UNA VOLTA A NANSEN DI SPIEGARGLI L'ANTICO PROBLEMA DELL'OCA NELLA BOTTIGLIA.
"SE SI METTE UNA GIOVANE OCA NELLA BOTTIGLIA," DISSE RIKO, "E LA SI CIBA FINCHE' NON E' GRASSA, COME SI PUO' POI TIRARE FUORI L'OCA, SENZA UCCIDERE L'OCA NE' SPACCARE LA BOTTIGLIA?"
NANSEN BATTE' INSIEME LE MANI CON FORZA E GRIDO' : "RIKO!"
"SI' MAESTRO! " DISSE L'UFFICIALE SOBBALZANDO .
"VEDI," DISSE NANSEN, "L'OCA E' FUORI."

essere seri

esser seri significa non prendere nulla sul serio: tranne quelle cose che sapete con sicurezza essere importanti in relazione a ciò che volete. G

martedì 6 aprile 2010

L'ottava, casa editrice, Battiato



La Casa Editrice L'Ottava è stata fondata da Franco Battiato nel 1985 e i volumi sono stati distribuiti da Longanesi.
I titoli pubblicati, ormai esauriti e dei quali non è prevista la ristampa, sono i seguenti:

G.I.GURDJIEFF, Vedute sul mondo reale

ISHA SCHWALLER DE LUBICZ, Her-Bak "Cecio"

ISHA SCHWALLER DE LUBICZ, Her-Bak "Discepolo"

AMADU HAMPATÉ BÀ, Il saggio di Bandiagara

FRITZ PETERS, La rasatura del prato e la costruzione di sé

NATSUME SÒSEKI, Anima

HENRI THOMASSON, Prima dell'alba

G.I.GURDJIEFF, Racconti di Belzebù al suo piccolo nipote - Vol I

LEO ANFOLSI, Bananananda

G.I.GURDJIEFF, Racconti di Belzebù al suo piccolo nipote - Vol. II

HENRI THOMASSON, Bagliori dell'anima

NATSUME SÒSEKI, Guanciale d'erba

ABD AL-QÀDIR JILANI, Il segreto dei segreti

IBN AL - ARIF, Sedute mistiche

FRITZ PETERS



Celebre per i testi scritti sulla sua esperienza giovanile presso la scuola di G. I. Gurdjieff, a Fontainebleau, a sud di Parigi, Fritz Peters è conosciuto anche per diversi romanzi pubblicati in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

Il suo primo libro riguarda l'esperienza personale in un ospedale di veterani, subito dopo la II Guerra mondiale.

Tuttavia, Fritz Peters è più conosciuto in tutto il mondo per le memorie della sua permanenza presso l'Istituto di Gurdjieff, dove egli ha passato l'infanzia e buona parte della giovinezza.

Appare difficile raccogliere informazioni sulla vita di Peters, e molti si mostrano restii a fornirle, soprattutto nell'ambiente gurdjieffiano. Sta di fatto che il suo testo Gurdjieff Remembered (diviso in due parti distinte, e pubblicate in Italia separatamente) costituisce un appassionante racconto della sua educazione alla celebre scuola del controverso maestro. Un incontro che segnerà l'intera vita dell'autore, fino alla morte, avvenuta nel 1979.
FRITZ PETERS

Chassidismo


Chassidismo è una corrente dell'ebraismo fondata da Israel ben Eliezer, meglio conosciuto come Baal Shem Tov.
L'inizio del XVIII secolo fu per il popolo ebraico, in particolare nelle terre del Nord-Est dell'Europa un periodo particolarmente difficile. La Controriforma, altrove trionfalmente vincitrice, non era ancora stata metabolizzata dalle popolazioni polacche e russe. Inoltre, la tragica conclusione della vicenda del falso messia Sabbatai Zevi aveva gettato nello sconforto più profondo un po' tutto Israele, ma in particolare quelle regioni periferiche, ad alta concentrazione ebraica.
La reazione a questi fatti fu dapprima un aumentato di rigore dottrinario, che divenne particolarmente pesante. D'altra parte, la popolazione ebraica era una frazione consistente della popolazione generale e l'Ebraismo, seppure lontanissimo dall'essere maggioritario o anche solo riconosciuto, era una realtà importante che si auto-sosteneva, sia a livello religioso, sia a livello economico. La presenza di piccoli e piccolissimi centri, a volte esclusivamente ebraici, faceva sì che vi fossero delle figure, che oggi chiameremmo predicatori, che svolgevano le funzioni di ministri di culto e docenti itineranti. Queste figure avevano importanti funzioni non solo religiose, e svolgevano anche funzioni diverse, quali il medico, il macellaio rituale, il circoncisore e altro. Nell'opprimente clima di quei tempi questi ministri itineranti dovevano essere consapevoli del malessere che serpeggiava nelle comunità ebraiche. Il Baal Shem Tov era uno di questi, e diede una risposta originale al malessere dei tempi.
Tra quelli Lituani e quelli conosciuti come Mitnaghdim, i Rabbini che contestarono i primi Rabbini chassidim vennero accusati di eseguire la legge della Torah in parte troppo meccanicamente. In opposizione essi contrastarono la facilità nel diffondere quei segreti della Torah che secondo loro avrebbero dovuto essere retaggio di pochi: essi si appoggiavano sul principio della rivelazione dei misteri unicamente all'approssimarsi dell'era messianica e completamente solo quando questa si fosse manifestata pienamente. In seguito alla fondazione del Movimento Lubavitch da parte dei diretti successori primi del Besht figura l'Alter Rebbe Shneur Zalman di Liadi che riuscì a ricreare armonia tra le parti fondando ciò sull'amore e la pietà fraterna che permise il confronto e l'instaurazione di una vera e propria unione religiosa tra gli ebrei che vollero dialogare o aderire al nuovo movimento Lubavitch che venne anche definito Chabad: questo nome deriva dalle tre parole ebraiche Chochmah, Binah e Daat, distintamente tradotte con i significati di sapienza, intelligenza e conoscenza; queste, anche note come le tre Sefirot superiori immediatamente successive a Keter, furono la caratterizzante espressione della nuova ma originaria forma religiosa fondante e di dialogo che caratterizzò parte della natura spirituale e mistica del Maestro citato nonché di mediazione con la cultura intellettuale e religiosa prevalente soprattutto nei Maestri Lituani dell'epoca.
Il Chassidismo è anche la metafora dell'incontro tra la vivacità del principio spirituale religioso caratterizzato anche del folklore espresso nella gioia e nella santità delle danze e dei canti e lo studio metodico e rigoroso. Questi aspetti, l'immediato della gioia, quello dello studio profondo e quello del rigore, vengono vissuti in modo completo ed unitariamente secondo quella semplicità che aveva caratterizzato il Besht, e ciò avveniva sia nella vita quotidiana fatta di lunghi pellegrinaggi con lo scopo di raggruppare o sostenere il maggior numero di ebrei, sia nello studio e nell'insegnamento, casi in cui le cose apparentemente insormontabili risultavano sempre sfociare in una buona occasione per fare di quell'esperienza una tradizione orale il cui insegnamento sprigionava la fede e l'unione con Dio nella consapevolezza del continuo sostegno provvidenziale e messianico vissuto nel cuore di ogni ebreo del tempo e di sempre.

martedì 23 marzo 2010

This is an arrangement of verses of the Bhagavad Gita made by Sri Ramana Maharshi that gives an overview of the essential message of the Gita.

1) Sanjaya said:
To him who was thus overcome
By pity, and whose eyes were filled
With tears, downcast and despairing,
Madhusudana spoke these words: (2:1)

2) The Holy Lord said:
This body is known as the Field,
And he who knows it thus is called
The Knower of the Field by those
Who know of both Field and Knower. (13:1)

3) Know Me also, O Bharata,
To be the Knower in all Fields.
The knowledge of Field and Knower
I consider as the knowledge. (13:2)

4) I am the Self abiding in
The heart of all beings; I am
The beginning, the middle, and
Also the end of all beings. (10:20)2

5) Of that which is born, death is sure,
Of that which is dead, birth is sure.
Over the unavoidable,
Therefore you never should lament. (2:27)

6) Neither is the Self slain, nor yet does it die,
Nor having been will it e?er come not to be,
Birthless, eternal, perpetu?l, primeval,
It is not slain whene?er the body is slain. (2:20)

7) This self cannot be cut, nor burnt,
Nor wetted, nor dried: ?tis changeless,
All-pervading and unmoving,
Immovable, eternal self. (2:24)

8) That by Which all is pervaded?
Know That is indestructible.
There is none with the power to
Destroy the Imperishable. (2:17)

9) The unreal never comes to be,
The real does never cease to be.
The certainty of both of these
Is known to those who see the truth. (2:16)

10) As the all-pervading ether,
Through subtlety is not tainted,
The Self seated in the body
Is not tainted in any case. (13:32)

11) That the sun illuminates not,
There shines neither the moon nor fire;
For that is My Supreme Abode,
Going whither they return not. (15:6)

12) The unmanifest, eternal,
Is declared as the Supreme Goal,
Attaining Which they return not.
This is My supreme dwelling place. (8:21)

13) Without pride, delusion?attachment conquered?
Dwelling in the Supreme Self, without desires,
Freed from the dualities?pleasure and pain?
The undeluded reach that eternal Goal. (15:5)

14) He who sets aside the counsels
Of scriptures from desire?s impulse,
Attains not unto perfection,
Nor happiness, nor Goal Supreme. (16:23)

15) The one who truly sees is he
Who ever sees the Supreme Lord
Existing equally in all
Beings, deathless in the dying. (13:27)

16) By single-minded devotion
I may be known in this true form,
Seen in reality, also
Entered into, Scorcher of Foes. (11:54)

17) Each one?s faith is according to
His natural disposition.
Yea, the man consists of his faith;
In truth, he is what his faith is. (17:3)

18) The man of faith, and devoted,
And the master of his senses,
Attains this knowledge, and having
Attained quickly finds Supreme Peace. (4:39)

19) To them, the constantly steadfast,
Worshipping Me with affection,
I bestow the buddhi-yoga
By which they shall come unto Me. (10:10)

20) Out of compassion for them, I,
Abiding in their hearts, destroy
The darkness born of ignorance
By the shining lamp of knowledge. (10:11)

21) But those whose ignorance has been
Destroyed by knowledge of the self?
That knowledge of theirs, like the sun,
Reveals then the Supreme Brahman. (5:16)

22) Above the body are senses;
Above the senses is the mind;
Above the mind is intellect;
Above the intellect: the self. (3:42)

23) Thus, knowing Him Who is above
The intellect, and restraining
The self by the Self, then destroy
That enemy, that foe: desire. (3:43)

24) As fire reduces wood to ash,
In the same way, O Arjuna,
The fire of knowledge does reduce
To ashes all karma?know this. (4:37)

25) Whose undertakings are devoid
Of plan and desire for results,
Whose actions are burnt in the fire
Of knowledge?him the wise call wise. (4:19)

26) Released from desire and anger,
With thoughts restrained, those ascetics
Who know the Self, find very near
The bliss of Brahma-nirvana. (5:26)

27) With intellect set in patience,
With the mind fastened on the self,
He gains quietude by degrees:
Let him not think of any thing. (6:25)

28) Whenever the unsteady mind,
Moving here and there, wanders off,
He should subdue and hold it back?
Direct it to the Self?s control. (6:26)

29) Controlling sense, mind, intellect;
With moksha as the supreme goal;
Freed from desire, fear, and anger:
Such a sage is for ever free. (5:28)

30) He, disciplined by yoga, sees
The Self present in all beings,
And all beings within the Self.
He sees the same Self at all times. (6:29)

31) Those who direct their thoughts to Me,
Worshipping Me with steadfast mind,
For them I secure what they lack
And preserve that which they possess. (9:22)

32) Of them, the wise man, e?er steadfast,
Devoted to the One, excels;
Supremely dear am I to him,
And he is dear to Me, as well. (7:17)

33) At the end of his many births
The wise man takes refuge in Me.
He knows: ?All is Vasudeva.?
How very rare is that great soul! (7:19)

34) When he completely casts away
All the desires of the mind,
His self satisfied by the self,
He is called ?of steady wisdom.? (2:55)

35) He who abandons all desires
Attains peace, acts free from longing,
Indifferent to possessions
And free from all egotism.3 (2:71)

36) He who agitates not the world,
And whom the world agitates not,
Who is freed from joy, envy, fear,
And worry?he is dear to Me. (12:15)

37) The same in honor and disgrace,
The same to friend and enemy,
Renouncing all undertakings?
He has gone beyond the Gunas. (14:25)

38) He who is content in the Self,
Who is satisfied in the Self,
Who is pleased only in the self:
For him there is no need to act. (3:17)

39) He has nothing to gain by acts;
Nothing to gain by inaction;
And no need of any being
For any purpose soever. (3:18)

40) Content with what comes unbidden,
Beyond duality, envy,
The same in success or failure,
E?en though acting, he is not bound. (4:22)

41) O Arjuna, the Lord dwells in
The hearts of all beings, causing
Them by His Maya to revolve
As if mounted on a machine. (18:61)

42) O Bharata, with all your heart
Take refuge in Him; and you shall
Surely attain unto supreme
Peace and the eternal abode. (18:62

appunti corto/b.gita

cap 6

6. "Per colui il cui sй (ego) и stato conquistato dal Sй (l'anima), il Sй и l'amico del sй. Ma verso il sй che non и sotto controllo, il Sй si comporta in maniera ostile, come un nemico.

7. "Il saggio tranquillo e vittorioso sul sй (ego) и sempre pienamente stabilito nel Supremo Sй, sia che incontri caldo o freddo, piacere o dolore, lode o biasimo.

8. "Lo yogi beatamente assorto nella veritа e nella realizzazione del Sй и indissolubilmente unito (allo Spirito). Imperturbabile, conquistatore dei suoi sensi, egli guarda con occhio equanime una zolla di terra, una pietra e l'oro.

9. "И uno yogi eccelso chi guarda con mente equanime tutti gli uomini: benefattori, amici, nemici, stranieri, mediatori, esseri odiosi, parenti, peccatori e santi.

10. "Libero dalle speranze dei desideri e dalle brame possesso, con il cuore e la mente controllati dall'anima (per mezzo della concentrazione yoga), ritirandosi da solo in un posto tranquillo, lo yogi deve cercare costantemente di unirsi all'anima.

cap 2

55. "O Partha, quando un uomo abbandona completamente tutti i desideri della mente, del tutto soddisfatto nel Sй soltanto dal Sй, allora viene considerato stabilito nella saggezza.

56. "Colui la cui mente non и turbata dall'ansietа durante il dolore nй dall'attaccamento alla felicitа; che и libero - da affetti mondani, paure e collera - и davvero un muni che ha una saggezza stabile.

57. "Colui che in tutte le circostanze и senza attaccamento - non felicemente eccitato quando riceve il bene nй disturbato quando sperimenta il male - ha una saggezza saldamente stabilita.

58. "Quando lo yogi puт ritirare completamente i sensi dai loro oggetti di percezione, come la tartaruga ritira i suoi arti, allora la sua saggezza и saldamente stabilita.

59. "L'uomo che s'astiene fisicamente dagli oggetti dei sensi vede che per un po' questi si ritraggono, lasciandosi dietro solo il desiderio. Ma colui che contempla il Supremo и liberato anche dal desiderio.

60. "O Figlio di Kunti, gli avidi ed eccitabili sensi afferrano violentemente anche la coscienza di un saggio che lotta per la liberazione.

61. "Chi unisce il suo spirito a Me, avendo soggiogato tutti i sensi, rimane concentrato su di Me come il Supremamente Desiderabile. La saggezza intuitiva diventa ferma e stabile, in colui che ha i sensi sotto controllo.

62. "Pensare agli oggetti dei sensi causa attaccamento ad essi. Dall'attaccamento nasce il desiderio, e dal desiderio scaturisce la collera.

63. "Dalla collera nasce l'illusione; l'illusione genera perdita di memoria (del Sй). Dalla distruzione della memoria deriva la rovina della facoltа discriminativa. Dalla rovina della discriminazione segue l'annientamento (della vita spirituale).

64. "L'uomo autocontrollato, muovendosi in mezzo agli oggetti materiali con i sensi soggiogati, privo d'attrazione e repulsione, perviene ad una imperturbabile calma interiore.

65. "Nella beatitudine dell'anima scompare ogni dolore. E l'intelletto di chi и calmo diventa presto saldamente stabilito nel Sй.

66. "Chi и disunito (perchй non stabilito nel Sй) non ha saggezza nй meditazione. Per chi non medita non vi и tranquillitа. E a chi и senza pace com'и (possibile) la felicitа?

67. "Come una nave sulle acque viene portata fuori rotta da una tempesta di vento, cosм la discriminazione umana и allontanata dalla via che intende seguire quando la mente soccombe alle tempeste dei sensi vagabondi.

cap 14


22. "O Pandava! Colui che non aborrisce la presenza dei guna - (e dei loro effetti): illuminazione, attivitа e ignoranza - nй deplora la loro assenza;

23. "Che rimane indifferente e non turbato dalle tre qualitа - realizzando che esse soltanto operano nella creazione; con la mente che non oscilla, ma sempre centrata nel Sй;

24. "Uguale nel piacere e nel dolore, nella lode e nel biasimo - ben saldo nella sua natura divina; guardando con occhio equanime un pezzo di terra, una pietra e l'oro; uguale nella sua attitudine verso (persone ed esperienze) piacevoli e spiacevoli; fermo di mente;

25. "Uguale nell'onore e nel disonore; trattando allo stesso modo l'amico e il nemico; abbandonata ogni illusione di essere la persona che agisce - questi и colui che ha trasceso le tre qualitа!

26. "Chi Mi serve con ferma devozione trascende i guna ed и qualificato a diventare Brahman.

27. "Poichй Io sono la base dell'Infinito, Immortale e Immutabile; e dell'eterno Dharma e della Beatitudine Assoluta".

lunedì 22 marzo 2010

note b.Gita 3

"The Supreme Personality of Godhead said: One who is unattached to the fruits of his work and who works as he is obligated is in the renounced order of life, and he is the true mystic, not he who lights no fire and performs no duty."
"What is called renunciation you should know to be the same as yoga, or linking oneself with the Supreme, O son of Pandu, for one can never become a yogi unless he renounces the desire for sense gratification."
"For one who is a neophyte in the eightfold yoga system, work is said to be the means; and for one who is already elevated in yoga, cessation of all material activities is said to be the means."
"A person is said to be elevated in yoga when, having renounced all material desires, he neither acts for sense gratification nor engages in fruitive activities."
"One must deliver himself with the help of his mind, and not degrade himself. The mind is the friend of the conditioned soul, and his enemy as well."
"For him who has conquered the mind, the mind is the best of friends; but for one who has failed to do so, his mind will remain the greatest enemy."
"For one who has conquered the mind, the Supersoul is already reached, for he has attained tranquillity. To such a man happiness and distress, heat and cold, honor and dishonor are all the same."
"A person is said to be established in self-realization and is called a yogi [or mystic] when he is fully satisfied by virtue of acquired knowledge and realization. Such a person is situated in transcendence and is self-controlled. He sees everything—whether it be pebbles, stones or gold—as the same."
"A person is considered still further advanced when he regards honest well-wishers, affectionate benefactors, the neutral, mediators, the envious, friends and enemies, the pious and the sinners all with an equal mind."
"A transcendentalist should always engage his body, mind and self in relationship with the Supreme; he should live alone in a secluded place and should always carefully control his mind. He should be free from desires and feelings of possessiveness."

note b.Gita 2

"He is a perfect yogi who, by comparison to his own self, sees the true equality of all beings, in both their happiness and their distress, O Arjuna!"
Is centred in itself, taking alike
Pleasure and pain; heat, cold; glory and shame.
He is the Yogi, he is Yukta, glad
With joy of light and truth; dwelling apart
Upon a peak, with senses subjugate
Whereto the clod, the rock, the glistering gold
Show all as one. By this sign is he known
Being of equal grace to comrades, friends,
Chance-comers, strangers, lovers, enemies,
Aliens and kinsmen; loving all alike,
Evil or good.
Sequestered should he sit,
Steadfastly meditating, solitary,
His thoughts controlled, his passions laid away,
Quit of belongings. In a fair, still spot
Having his fixed abode, -- not too much raised,
Nor yet too low, -- let him abide, his goods
A cloth, a deerskin, and the Kusa-grass.

note b.Gita 1

"While contemplating the objects of the senses, a person develops attachment for them, and from such attachment lust develops, and from lust anger arises."
"From anger, complete delusion arises, and from delusion bewilderment of memory. When memory is bewildered, intelligence is lost, and when intelligence is lost one falls down again into the material pool."
"But a person free from all attachment and aversion and able to control his senses through regulative principles of freedom can obtain the complete mercy of the Lord."
"For one thus satisfied [in Krishna consciousness], the threefold miseries of material existence exist no longer; in such satisfied consciousness, one’s intelligence is soon well established."
"One who is not connected with the Supreme [in Krishna consciousness] can have neither transcendental intelligence nor a steady mind, without which there is no possibility of peace. And how can there be any happiness without peace?"

mercoledì 10 febbraio 2010

tv for development

TV for development e' un progetto che nasce dall'idea e la necessita' di impiegare il proprio tempo libero in modo semplice, sociale, costruttivo, e come forte mezzo di crescita, conoscimento ed arricchimento personale.
TVFD si propone di essere un canale formato da un gruppo di lavoro, senza fini di lucro, dedito alla produzione ed alla realizzazione di documentari aventi come argomento progetti di carattere sociale.
Il fuoco sara' puntato non tanto sui beneficiari di questi progetti , quanto sugli stessi promotori.
Sociale come via per aiutare gli altri, ma soprattutto se stessi.
Interviste focalizzate sul come e perche' nasce un certo progetto, come e' stato possibile realizzarlo, che crescita e che ricchezza ha apportato ai realizzatori e che cosa hanno imparato da questa esperienza. Cosa, di queste nuove conoscenze, vogliono condividere con gli altri e che consigli danno a chi e' interessato a intraprendere questa strada.
Mi vengono in mente alcuni esempi su tutti:

-Un gruppo di ragazzi di Reggio Calabria che durante l'estate gestisce un lido sulla spiaggia, organizza feste e serate, destina il 10% di tutti gli utili, alla realizzazione di un progetto in un piccolo paesino della Costa d'Avorio, che prevede la costruzione di una scuola e delle abitazioni per gli insegnanti, nella quale gia' piu di 100 bambini hanno iniziato, grazie al loro lavoro, a frequentare le lezioni e dove loro stessi 3 mesi l'anno vanno sul campo occupandosi della coordinazione dei lavori. Con grandissima soddisfazione.

-Una coppia di anziani del Veneto, che si sente non ormai socialmente utile ed attiva in Italia, scopre che ha ancora moltissimo da dare e da offrire in un piccolo paesino all'interno dell'Amazzonia, dove con l'aiuto, anche economico, dei concittadini italiani, si e' gia' occupata della realizzazione di numerose scuole, pagando stipendi ai professori e offrendo un servizio mensa gratuito agli alunni.

-Un gruppo di 3 ragazzi del nord-europa (1 ragazzo e 2 ragazze), si occupa della realizzazione di una website porno amatoriale, dove ognuno puo' uploadare i propri video e dare il proprio contributo, destinando il 100% dei loro introiti alla riforestazione dell'Amazonia

- Marco, un ragazzo romano, giovanissimo e gia' proprietario di un centro di fisioterapia a Roma, fa un viaggio in Africa, racconta le sue esperienze in un libro, vende tantissimo e decide di devolvere il 100% dei ricavati (oltre ai soldi che guadagna scrivendo per il teatro, il cinema e canzoni) alla realizzazione di un'ospedale in Sud Africa.

Questi sono solo degli esempi di persone che ho incontrato sulla mia strada e che grazie all'ausilio di una semplice telecamera, un computer ed un programma di montaggio, vorrei presto condividere con gli altri. Sicuro che possa essere una fonte d'ispirazione, una ricchezza e una piccola emozione nel cuore di chi li guardera'. Uno stimolo a fare nel nostro piccolo, tutti, un pochino di piu' per vivere meglio.
Chiedo per questo l'aiuto di chiunque, soprattutto attraverso dei video, ma anche perche' no, scrittura, fotografia e quanto altro, voglia contribuire a dare voce e focalizzare i riflettori su questi uomini straordinari, portando alla luce delle realta' troppo spesso purtroppo non visibili a molti, ma interessantissime e piene d'amore.
Non dimenticando mai che dividere un emozione con gli altri, non significa perderla, ne' renderla piu' piccola, ma e' semplicemente un modo per renderla piu' grande e magari non farla morire mai.

Ramana Maharshi (frammenti rarissimi)

Podria haber sentimiento de el yo sin aquello que siempre existe? Este ser interno, el corazon, existe libre de pensamiento. Como es posible conoscer aquello que esta' mas alla' de la mente? Conoscerlo es residir firmamente en el corazon.

Potrebbe esserci alcun senso di sé senza ciò che esiste da sempre? Questo essere interiore, il cuore, esiste libero dal pensiero. Come si può conoscere ciò che c'e' 'oltre' la mente? Conoscerlo vuol dire risiedere saldamente nel cuore.

sabato 6 febbraio 2010

il mago e il gregge

"Una certa leggenda orientale narra di un mago ricchissimo che possedeva numerose greggi. Quel mago era molto avaro. Egli non voleva servirsi di pastori, e neppure voleva recingere i luoghi dove le sue pecore pascolavano. Naturalmente esse si smarrivano nella foresta, cadevano nei burroni, si perdevano, ma soprattutto fuggivano, perche' sapevano che il mago voleva la loro carne e la loro pelle. E a loro questo non piaceva.
Infine il mago trovo' un rimedio: ipnotizzo' le sue pecore e comincio' a suggerire loro che erano immortali e che l'essere scuoiate non poteva far loro alcun male, che tale trattamento, al contrario, era per esse buono e persino piacevole; poi aggiunse che egli era un buon pastore, che amava talmente il suo gregge da essere disposto a qualsiasi sacrificio nei loro riguardi; infine suggeri' loro che se doveva capitare qualcosa, non poteva in ogni caso capitare in quel momento e nemmeno in quel giorno, e per conseguenza non avevano di che preoccuparsi. Dopo di che il mago introdusse nella testa delle pecore l'idea che esse non erano affatto pecore; ad alcune disse che erano leoni, ad altri che erano aquile, ad altre ancora che erano uomini o che erano maghi.
Cio' fatto, le pecore non gli procurarono piu' ne' noie ne' fastidi. Esse non lo fuggivano piu', ma attendevano serenamente l'istante in cui il mago avrebbe preso la loro carne e la loro pelle"

Krishna e Arjuna

Krishna dice ad Arjuna:

la vittoria e la sconfitta sono la stessa cosa nell'istante che si agisce senza riflettere nei frutti del proprio atto. Staccati e lotta senza desiderio,non ti ritirare nella solitudine,la rinuncia non e' sufficiente, devi agire, pero' l'azione non deve dominarti, in piena azione devi permanere libero da attaccamenti,devi imparare a vedere con gli stessi occhi il cumulo di terra e la montagna di oro, la vacca e la salvia,il cane e l'uomo che sbrana il cane, esiste un'altra intelligenza aldila' della mente, il dharma trascende la carita', l'azione di fare del bene in questo mondo, si tratta di agire a beneficio dell'anima, indipendentemente da quello che il mondo abbia bisogno,

venerdì 5 febbraio 2010

Bhagavad Gita "estratto interessantissimo"

«7. Chi ha conquistato la mente e ottenuto così la pace ha già raggiunto il Brahman. Per lui, la gioia e il dolore, il freddo e il caldo, l'onore e il disonore sono uguali.
8. Si dice che una persona è situata nella realizzazione spirituale ed è chiamata yogi quando è pienamente soddisfatta grazie alla conoscenza e alla realizzazione acquisita. Tale persona è situata nella Pienezza e nell'Unità e possiede il controllo di sé. Vede ogni cosa, la zolla di terra, il sasso e l'oro, con occhio equanime.
9. Tra tutti è superiore colui che vede tutti, l'onesto benefattore, l'amico e il nemico, l'invidioso, il virtuoso, il peccatore, l'indifferente e l'imparziale, con mente equanime. [...]

Bhagavad Gita

La Bhagavad Gita, o il Canto (Gita) del Beato (Bhagavan), nota anche in forma abbreviata come Gita, o con il titolo esteso di Shrimad-bhagavadgitah Upanisadah, si trova ne VI libro del Mahabharata, la grande epopea indiana. Essa forma un episodio della gigantesca opera che racconta la storia di una guerra dinastica avvenuta in tempi remoti nell'India settentrionale, tra due rami della stirpe regnante di Hastinapura, i Pandava, legittimi sovrani, e i Kaurava usurpatori.
Questo poema ha come protagonisti uno dei contendenti, Arjuna, della famiglia dei Pandava, e Krishna, nobiluomo di un regno confinante, amico di entrambi i rivali e della sua alleanza con Arjuna. Krishna, imparziale, secondo i desideri espressi dai due principi, offre il suo esercito al capo dei ribelli nemici e si affianca personalmente ad Arjuna come auriga del suo carro nella battaglia. Mentre gli eserciti si schierano e iniziano il rituale che precede lo scontro, Arjuna si fa portare dall'auriga Krishna in mezzo alle due armate per osservarle. Qui, alla vista di amici, parenti e maestri che attendono la morte in battaglia, dichiara a Krishna di voler desistere dalla guerra, in preda all'emozione e al timore di sovvertire l'ordine etico. Di fronte alla disperazione di Arjuna, Krishna si rivela come la personificazione (Avatara) di Visnu, in sembianze umane, e dopo che il principe si è dichiarato suo discepolo, inizia una compiuta esposizione della dottrina realizzativa, allo scopo di offrire all'uomo la conoscenza del giusto agire e della liberazione, nel compimento del proprio dovere terreno.

Questa opera celeberrima ha il pregio di riassumere i contenuti sapienziali della Sruti attraverso le istanze dell'uomo "di mondo", impersonato dal principe guerriero, alle prese con dilemmi etici e spirituali che continuano a riflettere le richieste esistenziali degli uomini di ogni epoca.

L'interlocutore divino, Krishna, è uno dei molteplici aspetti di Dio o dell'Assoluto che "prende corpo", o sembianza, come Avatara per illuminare e riportare alla corretta comprensione gli uomini desiderosi di Conoscenza. La manifestazione di una Incarnazione (Avatara) di Dio si mostra allo scopo di attualizzare la verità delle Scritture e offrire occasione di riconoscimento della Realtà, non solo attraverso la speculazione filosofica pura, che può essere inaccessibile a molti, ma anche mediante pratiche yogiche o devozionali che assecondano le predisposizioni individuali. Tale insegnamento si realizza nella Conoscenza, non prevede tecnicismi e osservanze, e punta direttamente a fare dell'esperienza uno strumento di elevazione della coscienza.

Sebbene il testo sia stato oggetto di svariate interpretazioni, l'intento non è quello di stabilire un culto teistico, tanto meno una setta o una scuola particolari. La divinità che si manifesta ad Arjuna dichiara, come nel dettato upanisadico, la superiorità della Conoscenza del Sé su tutte le discipline e le pratiche ascetiche o devozionali, Conoscenza che si verifica mediante la Devozione, il Servizio impersonale o la Ricerca pura, senza preferenze: «33. O vincitore dei nemici, il sacrificio nella conoscenza è superiore al sacrificio dei beni materiali poiché tutte le azioni hanno il loro compimento nella conoscenza, o figlio di Pritha.
34. Cerca di conoscere la verità avvicinando un maestro spirituale, ponigli delle domande con sottomissione e servilo. L'anima realizzata può rivelarti la conoscenza perché ha visto la verità.
35. E quando avrai appreso la verità da un'anima realizzata non cadrai mai più nell'illusione perché capirai che tutti gli esseri sono parte del Supremo o, in altre parole, Mi appartengono.
36. Anche se tu fossi il peggiore dei peccatori, una volta salito sul vascello della conoscenza supererai l'oceano della sofferenza.
37. Simile al fuoco ardente che riduce il legno in cenere, o Arjuna, il fuoco della conoscenza riduce in cenere tutte le azioni.
38. In questo mondo, niente è così puro e sublime come la conoscenza. Colui che è diventato maturo nella pratica dello yoga, a suo tempo, trova in se stesso questa conoscenza.» (IV, 33 -38)
Sebbene Dio si mostri, in un concerto di epifanie, nelle svariate forme in cui l'immaginario religioso ha concepito la Sua figura, lo fa per per rivelarsi infine "a due braccia", nella forma di uomo: « 51. Vedendo Krishna nella Sua forma originale, Arjuna disse: Guardando questa forma dall'aspetto umano, così meravigliosamente bella, la mia mente si placa e io ritorno alla mia normale natura.
52. Il Signore Beato disse: Questa Mia forma, che tu ora contempli, è molto difficile da vedere, Mio caro Arjuna. Perfino gli esseri celesti aspirano continuamente a contemplarla
53. La forma che vedi con i tuoi occhi spirituali non può essere compresa né con lo studio dei Veda, né con le severe ascesi, né con gli atti caritatevoli, né con l'adorazione rituale. Nessuno, per queste vie, Mi vedrà così come sono.
54. Mio caro Arjuna, soltanto per mezzo di un incrollabile amore Mi si può conoscere cosi come sono, in piedi di fronte a te, e Mi si può vedere direttamente. Solo cosi si può penetrare il mistero della Mia Persona.
55. Mio caro Arjuna, colui che agisce per Me, guardando solo Me, libero dalla contaminazione delle sue attività passate e dalla speculazione mentale, benevolo con tutti gli esseri, certamente giunge a Me. » (XI, 51-55)

I due brani citati, sebbene non possano riflettere la complessità dell'opera, suggeriscono la visione di fondo che anima il testo: la conoscenza del Supremo è la meta finale dell'esistenza umana, qualsiasi siano i mezzi utilizzati per ricercarla, questi non sono altro che semi dell'infinito Essere senza-parti, la cui conoscenza brucia ogni azione, ogni residuo karmico e la stessa necessità di qualsiasi azione. Krishna indica altresì tre vie che possono condurre gli uomini, secondo la loro indole, a realizzare la pienezza: il Karma Yoga, via dell'azione disinteressata, il Bhakti Yoga, via della pura devozione e il Jnana Yoga, via della conoscenza filosofica: «1. Arjuna disse: Tra chi Ti adora col servizio di devozione e chi dedica il culto al Brahman impersonale, al non-manifestato, chi è più perfetto?
2. Il Signore Beato disse: Colui che fissa la mente sulla Mia forma personale e, colmo di un'ardente fede spirituale, s'impegna sempre nella Mia adorazione, è unito a Me in modo perfetto.
3-4. Quanto a coloro che si votano completamente al non-manifestato, indefinito, inconcepibile ai sensi, onnipresente, fisso, immutabile, controllando i sensi, mostrandosi equanimi tutti e operando per il bene universale, certamente Mi realizzano.
5. Per coloro che hanno la mente attratta dal non-manifestato, dall'aspetto impersonale dell'Assoluto, il progresso sarà molto faticoso. Avanzare su questa via è sempre difficile per l'essere incarnato.
6-7. Per colui che Mi adora e abbandona a Me tutte le sue attività, dedicandosi esclusivamente a Me, assorto nel servizio di devozione e meditando costantemente su di Me, con la mente fissa in Me, o figlio di Pritha, Io sono il liberatore che lo sottrarrà presto all'oceano di nascite e morti.
8. Fissa la tua mente in Me e impegna in Me tutta la tua intelligenza. Così, senza dubbio, vivrai sempre in Me.
9. Mio caro Arjuna, conquistatore delle ricchezze, se non riesci a fissare in Me la tua mente senza deviare, osserva allora i principi regolatori dello yoga.
10. Se non puoi sottometterti ai principi regolatori dello yoga, cerca di dedicare a Me le tue opere, poiché agendo per Me raggiungerai la perfezione.
11. Tuttavia, se non puoi agire in questa coscienza, sforzati allora di rinunciare ai frutti delle tue azioni e diventa consapevole della natura spirituale.
12. Superiore alla conoscenza, tuttavia, è la meditazione, e superiore alla meditazione è la rinuncia ai frutti dell'azione, perché con questa rinuncia si può ottenere la pace della mente.» (XII, 1 - 12)

Ecco come Krishna, elencate le cause di condizionamento nell'errore e le modalità del loro superamento, indica l'impegno dell'aspirante: «51-53. Purificato dall'intelligenza, controllando la mente con determinazione, rinunciando agli oggetti della gratificazione dei sensi, libero dall'attaccamento e dall'avversione, l'uomo che vive in un luogo solitario, che mangia poco e controlla il corpo e la parola, che dimora sempre in contemplazione, distaccato, senza egoismo, senza vana potenza e vanagloria, senza cupidigia né collera, che non accetta le cose materiali, libero da ogni senso di possesso, sereno, quest'uomo è perfettamente elevato al livello della realizzazione spirituale.
54. Colui che raggiunge il livello trascendentale realizza subito il Brahman Supremo. Non si lamenta mai e non aspira mai a niente; si mostra uguale tutti gli esseri viventi. In questa condizione attinge alla comprensione suprema.
55. Solo attraverso l'amore devoto giunge a conoscermi come sono; e conoscendomi immediatamente entra in Me.
56. Sebbene impegnato in ogni tipo di attività, il Mio devoto, sotto la Mia protezione, raggiunge, per la Mia grazia, l'eterna e immortale dimora. » (XVIII, 51-56)

La "grazia di Dio", nominata in più passaggi del testo, che tutto detiene e determina, è argomento di interpretazioni diverse, dualiste, teistiche, ecc, ma queste visioni, dal punto di vista filosofico, dove si voglia comprendere la Realtà ultima, non possono che concordare nel dettato che maggiormente caratterizza la Gita «Abbandonare i frutti di ogni azione è ciò che i saggi chiamano rinuncia.» (XVIII, 2). Azione devozionale e rituale, azione mondana, azione dello yogi che ricerca la perfezione della conoscenza, tutto l'umano operare, raggiunto il suo scopo, si dissolve e si restituisce alla sua Origine finalmente ritrovata: l'Essere incausato, completamente libero da legami con qualsiasi azione o conoscenza:
«2. Né la moltitudine degli esseri celesti né i grandi saggi conoscono la Mia origine perché io sono la fonte, sotto ogni aspetto, degli uni come degli altri.
3. L'uomo che Mi conosce come il non-nato, Colui che è senza inizio, il sovrano di tutti i mondi, non è illuso ed è libero da tutte le colpe.
4-5. L'intelligenza, la conoscenza, la libertà dal dubbio e dall'illusione, l'indulgenza, la veridicità, il controllo di sé e la calma, le gioie e i dolori, la nascita e la morte, la paura e il coraggio, la non-violenza, l'equanimità', la soddisfazione, l'austerità', la generosità, la gloria e l'infamia, tutte queste qualità hanno origine da Me soltanto. » (X, 2-5)
La pratica della disciplina spirituale è dunque lo strumento con cui si conquista la consapevolezza che è oltre il giogo della mente e delle sue illusioni. Questa disciplina è chiamata Yoga.
«7. Chi ha conquistato la mente e ottenuto così la pace ha già raggiunto il Brahman. Per lui, la gioia e il dolore, il freddo e il caldo, l'onore e il disonore sono uguali.
8. Si dice che una persona è situata nella realizzazione spirituale ed è chiamata yogi quando è pienamente soddisfatta grazie alla conoscenza e alla realizzazione acquisita. Tale persona è situata nella Pienezza e nell'Unità e possiede il controllo di sé. Vede ogni cosa, la zolla di terra, il sasso e l'oro, con occhio equanime.
9. Tra tutti è superiore colui che vede tutti, l'onesto benefattore, l'amico e il nemico, l'invidioso, il virtuoso, il peccatore, l'indifferente e l'imparziale, con mente equanime. [...]
29. Il vero yogi vede Me in tutti gli esseri e tutti gli esseri in Me. In verità, l'anima realizzata Mi vede ovunque.
30. L'essere che Mi vede ovunque e vede tutto in Me non è mai separato da Me, come io non sono mai separato da lui.
31. Lo yogi, sapendo che io e l'Atman, situato in tutte le creature, siamo Uno, Mi adora e dimora sempre in Me.
32. Uno yogi perfetto, o Arjuna, colui che in relazione a sé stesso vede la vera uguaglianza di tutti gli esseri, felici o infelici. » (Vi,7-9 e 29-32)

mercoledì 6 gennaio 2010

osho " parentesi di silenzio"

"Mi piace infastidire la gente, perché solo infastidendola posso far si che pensi. Si è smesso di fare questo da secoli. Non c’ è stato nessuno che l’abbia infastidita. Ci sono state persone che la hanno consolata. Io non vengo a consolare nessuno, perché quanto più consoli la gente, più indietro rimangono. Infastidiscili, scandalizzali, dagli duro, sfidali. Questa sfida porterà le loro capacità ad un climax.
Il mio modo di parlare è un trucco per la meditazione. Non parlo per convertirti in cristiano, indù, musulmano….teista o ateo……non mi occupo di questo. Il mio modo di parlare è uno dei miei trucchi per la meditazione. La parola non è stata mai utilizzata in questo modo:…..non parlo per impartirti un messaggio, ma per detenere il funzionamento della tua mente, mentre parlo non ho niente preparato; neanche io stesso so quale sarà la mia prossima parola, per questo non commetto mai nessun errore. Uno commette errori se si è preparato. Mai mi dimentico di niente, perché dimentica solo chi si è preparato. Per questo parlo con una libertà con la quale forse non ha mai parlato nessun altro. Non mi preoccupa essere coerente, perché questo non è il mio proposito. Posso contraddirmi con facilità, perché non sto cercando di mettermi in comunicazione con la tua mente razionale, intellettuale. Il mio proposito è unico, sto utilizzando le parole, solo per creare parentesi di silenzio. Le parole non sono importanti, per questo posso dire cose contraddittorie, cose assurde, cose che non tengano connessioni, perché la mia intenzione è creare una parentesi. Le parole sono secondarie. I silenzi tra le parole sono primordiali. Questo è un semplice trucco per farti provare la meditazione. E quando ti rendi conto che è possibile, sei avanzato molto nella direzione del tuo essere. La maggior parte della gente non crede che sia possibile che la sua mente stia in silenzio. E siccome non ci credono, neanche ci provano. Fare provare alla gente la meditazione è stata la ragione fondamentale per cui parlassi, per questo posso continuare a parlare eternamente e non importa quello che sto dicendo. L’unica cosa che importa è darti la possibilità di conoscere il silenzio, perché in principio tu da solo lo troverai complicato. Non ti posso obbligare a stare in silenzio, ma posso creare una situazione in cui spontaneamente non ti rimanga altro rimedio che rimanere in silenzio. Sto parlando e nel mezzo di una frase, quando stai aspettando di sentire la prossima parola, solo lì, una parentesi silenziosa. La tua mente stava aspettando di ascoltare, aspetta che segua qualcosa e non se lo vuole perdere. Naturalmente si ferma in silenzio. Che altro può fare la povera mente?"

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...