E visto che parliamo di Afrodite, che non è solo la dea della bellezza, e che non a caso si fregia del doppio appellativo di Urania e Pandemia, vorrei portare alla vostra attenzione un libro che non solo trovo bello, per l’appunto, ma individuo anche come l’anello mancante, la dimostrazione filosofica che mancava ad una diffusa quanto combattuta idea di laicità.
Credo nella laicità, in quel valore transculturale che individua i capisaldi della morale al di là dei costumi, delle tradizioni, delle religioni, dell’idea comune.
Credo che la filosofia come scienza del pensiero e valore della ricerca debba essere il fondamento ontologico della morale, che lo stato debba essere laico, che i crocifissi a scuola possano essere messi o non messi, ma senza mai dimenticare che la scuola ha una funzione educativa che deve prescindere da queste beghe di quartiere per l’accaparramento del territorio.
L’obiettivo delle religioni è fare proseliti e sinceramente noi invece abbiamo bisogno di un po’ di sana arte maieutica che riesca a tirare fuori dall’uomo qualcosa di buono, qualcosa che abbia a che fare con la sua essenza, con la sua identità.
Si può essere estremamente spirituali ed estremamente laici, anzi, credo che le due cose non collidano affatto.
La spiritualità, a differenza della religione, è una ricerca personale, che prescinde dai dogmi e come può coltiva il dubbio, che non cerca necessariamente etichette ma si riconosce in un continuo interrogarsi che prescinde dai mille nomi di dio.
E per ritornare ad Afrodite, che ho citato all’inizio, ella viene ricordata come una splendida dea dell’amore.
Questo amore del corpo torturato, ripudiati, rinnegato, manipolato, sublimato.
Non so davvero cosa ci sia rimasto.
Ah si, la ribellione moderna dell’amore del corpo senza dignità.
Ecco perché mi è piaciuto il libro di Michel Onfray, “Teoria del corpo amoroso”, edito dalla Fazi Editore, perché attraverso tutte le sfumature della filosofia è giunto a dare nuova giocosità al corpo e al piacere, a renderlo dunque “laico”.
Ma vorrei riportare alcuni brani dello stesso Onfray:
“La prima tappa, critica, del mio percorso, implica una decostruzione dell’ideale ascetico: per fare ciò cercherò di farla finita con i principi della logica della rinuncia, che tradizionalmente mette in relazione desideri e mancanza, definisce la felicità come compiutezza e realizzazione di sé nell’altro, per l’altro e per mezzo dell’altro; eviterò di sottomettermi all’idea che la coppia fusionale rappresenti la formula ideale di questo ipotetico culmine ontologico; cesserò di contrapporre brutalmente anima e corpo, perché questo dualismo, che è diventato una temibile arma da guerra nelle mani degli amatori dell’odio di sé, organizza e legittima una morale moralizzatrice articolata sulla positività dello spirito e la negatività della carne; rinucerò a collegare fino a confonderli amore, procreazione, sessualità, monogamia, fedeltà e coabitazione; rifiuterò l’opzione ebraico- cristiana che mescola femminile, peccato, colpa, colpevolezza ed espiazione; criticherò la collusione fra monoteismo, misoginia e ordine fallocratico; condannerò le tecniche del disprezzo di sé messe in opera dalle ideologie pitagoriche, platoniche e cristiane; seppellirò la famiglia, questa cellula primitiva del politico che su di essa strutturalmente si basa. In tal modo si possono comprendere.e quindi mettere sotto accusa parecchi secoli di ebraismo- cristianesimo.”
E ancora:
“La mia proposta , che si colloca decisamente in antiche contrade e si batte contro i modello etico dominante, si riallaccia senza ambagi al progetto di tutte le scuole filosofiche ellenistiche. Rendere possibile la vita filosofica e,a questo scopo, volere apertamente la fine della vita mutilata, frammentata, esplosa, dispersa, costruita dalla nostra civiltà alienante, ancorata a i valori del denaro, della produzione del lavoro, del dominio.
La filosofia può dare un contributo a questo progetto radicale.
Meglio ancora: deve.
Anzitutto cessando di limitarsi, come fa da lungo tempo, a sollevare interrogativi, ripercorrere la storia dei problemi seguendo passivamente l’odissea delle interrogazioni, quando invece guadagnerebbe a porsi chiaramente come la disciplina delle soluzioni, delle risposte e delle proposte.
Per quanto mi riguarda, non mi accontento di una filosofia che dedica la sostanza del suo tempo e delle sue energie a sollecitare condizioni di possibilità, a esaminare le basi epistemiche su cui porre le domande.
Preferisco guardare, dall’altra estremità della catena delle riflessioni, alla somma delle affermazioni e delle risposte utili a condurre un’esistenza lanciata a tutta velocità fra i due nulla […]ho sempre preferito una piccola scoperta utile dal punto di vista esistenziale a una ricerca filosofica vasta ma inutile per la vita quotidiana.”
tratto da ANIMUS et ANIMA - Lo Spirito delle cose e l'Anima del mondo
http://www.animusetanima.com/dblog/articolo.asp?articolo=18
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