lunedì 28 marzo 2011
Un mundo chamado Brazil
La proprietaria della pousada piu' che trentenne che impara a leggere nella quiete pomeridiana, seguendo con un dito le parole di un libro per bambini o il solitario venditore di gelati che percorre chilometri di bellissime ma deserte spiaggie bianche nella speranza di vendere qualcosa. Viaggiatori sempre alla ricerca della bellezza: nelle sfumature comprese tra gli odori che si sprigionano quando l'azione del freddo produce il gelo e l'azione del calore produce la decomposizione. Tra il rumore sordo di un bambino che si tuffa nel mare e le urla acute di una mamma che insegue il figlio. Tra il rosso del sangue di un poveraccio malmenato chissa´perche´e chissa´da chi in un caldo pomeriggio di Lapa ed il viola delle sudate divise dei "figli di Gandhi" nelle prove generali del carnevale di Salvador. Tra la liscia pelle di una ragazza portoghese conosciuta a Natal e le scoscese roccie da attraversare alla ricerca di nuove spiaggie nella Praia do Pipa. Nuotare con i delfini ed essere divorati dalle zanzare. Ustionarsi sotto il sole ed inzupparsi d'acqua sotto un improvviso acquazzone tropicale. Passare dai grattacieli di Rio alle desertiche dune del Ceara´. Dai venti milioni di abitanti di Sanpaolo, alle poche decine di famiglie di un quilombo del reconcavo baiano. Dalla lentissima litania del berimbao nella capoeira angola, all'ossessiva velocita´della samba carioca.
Mi piacerebbe riuscire a guardare il brasile con gli occhi di un puro osservatore, non identificarmi nei suoi ritardi, nei suoi problemi, nella sua poverta´, nella sua musica, nella sua allegria. Evitare di assecondare le mie opinioni, ponendo tutto in discussione, usando come metro di giudizio un innato europeo senso di giudizio. Quando si guarda un quadro, non si discute, semplicemente si apprezza, quando si sente un musicista suonare la chitarra solo si gioisce della musica, quando si ascolta una poesia e´meglio farlo con la testa libera di pensieri. La bellezza non e´un sillogismo e non ha bisogno di argomentazioni. La vita non e´una domanda, un problema da risolvere, ma un mistero nel quale dissolversi. Seduto nel tavolino di un bar odori, rumori, sapori, colori prendono forma in dettagli sempre nuovi. Il rosso delle vene degli occhi del vicino di tavolo in un visibile alterato stato di coscienza, il suo ripetuto tirare dal naso alla ricerca di sapori appena vissuti e scomparsi, il bianco e nero dello zucchero e delle formiche che vi gironzolano dentro, il blu della pubblicita´della pepsi sempre presente anche nel piu´remoto paesino dell'Amozzonia, l'odore del sudore, del protettore solare, le urla della gente nel loro normale discutere. Il frastuono degli impianti stereo delle macchine parcheggiate davanti, col cofano aperto, il motore acceso ed il rimbombo delle marmitte.....
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appunti di viaggio
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