venerdì 25 marzo 2011

Lo sviluppo dell'uomo avviene secondo due linee: 'sapere' e 'essere'

"Lo sviluppo dell'uomo, egli diceva, si effettua secondo due linee, 'sapere' ed 'essere'. Ma affinché l'evoluzione avvenga correttamente, le due linee devono procedere insieme, parallele l'una all'altra e sostenersi reciprocamente. Se la linea del sapere sorpassa troppo quella dell'essere, e se la linea dell'essere sorpassa troppo quella del sapere, lo sviluppo dell'uomo non può farsi regolarmente; prima o poi deve fermarsi. "La gente afferra ciò che si intende per 'sapere'. Si riconosce che il sapere può essere più o meno vasto e di qualità più o meno buona. Ma questa comprensione non viene applicata all'essere. Per essi l'essere significa semplicemente ' l'esistenza ' che contrappongono alla 'non esistenza'. Non comprendono che l'essere può situarsi a livelli molto differenti e comportare diverse categorie. Prendete per esempio l'essere di un minerale e l'essere di una pianta. Sono due esseri differenti. L'essere di una pianta e quello di un animale sono anch'essi due esseri differenti, e così pure l'essere di un animale e quello di un uomo. Ma due uomini possono differire nel loro essere più ancora di quanto un minerale e un animale differiscono tra loro. E questo è proprio ciò che le persone non comprendono. Non comprendono che il sapere dipende dall'essere. E non soltanto non lo comprendono, ma non lo vogliono comprendere. In modo particolare nella civiltà occidentale, si ammette che un uomo possa avere un vasto sapere, che per esempio egli possa essere un illustre sapiente, autore di grandi scoperte, un uomo che fa progredire la scienza, e nello stesso tempo possa essere, ed abbia il diritto di essere, un povero piccolo uomo egoista, cavilloso, meschino, invidioso, vanitoso, ingenuo e distratto. Sembra normale che un professore debba dimenticare dappertutto il suo ombrello. Eppure è proprio questo il suo essere..... Ma si ritiene, in occidente, che il sapere di un uomo non dipende dal suo essere. Le persone accordano un valore massimo al sapere, ma non sanno accordare all'essere un valore eguale e non si vergognano del livello inferiore del loro essere. Non si comprende neppure ciò che questo significhi. Non si comprende che il grado del sapere di un uomo è in funzione del grado del suo essere. "Allorché il sapere sorpassa di troppo l'essere, esso diventa teorico, astratto, inapplicabile alla vita; può anche diventare nocivo, perché invece di servire la vita e aiutare le persone nella lotta contro le difficoltà questo sapere comincia a complicare tutto; di conseguenza non può che apportare nuove difficoltà, nuovi turbamenti ed ogni sorta di calamità che prima non esistevano. "La ragione di ciò è che il sapere, quando non è in armonia con l'essere, non potrà mai essere abbastanza grande, o per meglio dire, sufficientemente qualificato per i reali bisogni dell'uomo. Sarà il sapere di una cosa legato all'ignoranza di un'altra; sarà il sapere del particolare legato all'ignoranza del tutto, il sapere della forma che ignora l'essenza. "Una tale preponderanza del sapere sull'essere può essere constatata nella cultura attuale. L'idea del valore e dell'importanza del livello dell'essere è stata completamente dimenticata. Non si comprende più che il livello del sapere è determinato dal livello dell'essere. Effettivamente ad ogni livello di essere corrispondono determinate possibilità di sapere, ben definite. Nei limiti di un certo 'essere' la qualità del sapere non può essere cambiata; solo è possibile l'accumularsi di informazioni di una sola e medesima natura. Un cambiamento della natura del sapere è impossibile senza un cambiamento nella natura dell'essere. "Preso in sé, l'essere di un uomo presenta molteplici aspetti. Quello dell'uomo moderno si caratterizza soprattutto per l'assenza di unità in se stesso e per l'assenza della benché minima traccia di quelle proprietà che specialmente ama attribuirsi: la 'lucidità di ‘coscienza’, la 'volontà libera', un 'Ego permanente' o 'Io' e la 'capacità di fare'.(.....) "Allorché il sapere predomina sull'essere, l'uomo sa, ma non ha il potere di fare. È un sapere inutile. Al contrario, quando l'essere predomina sul sapere, l'uomo ha il potere di fare, ma non sa che cosa deve fare. Così l'essere che egli ha acquisito non può servirgli a nulla e tutti i suoi sforzi saranno stati inutili. "Nella storia dell'umanità, troviamo numerosi esempi di intere civiltà che perirono sia perché il loro sapere superava il loro essere, sia perché il loro essere superava il loro sapere". "A che cosa conducono uno sviluppo unilaterale del sapere e uno sviluppo unilaterale dell'essere?", chiese uno degli uditori. "Lo sviluppo della linea del sapere senza uno sviluppo corrispondente della linea dell'essere, rispose G., produce un debole Yogi, voglio dire un uomo che sa molto, ma che non può far niente, un uomo che non comprende (egli accentuò queste parole) ciò che egli sa, un uomo che non ha possibilità di apprezzamento, voglio dire: incapace di valutare le differenze fra un genere di sapere e un altro. E lo sviluppo della linea dell'essere senza uno sviluppo corrispondente del sapere produce uno stupido santo. È un uomo che può fare molto, ma non sa cosa fare, né con che cosa; e se fa qualche cosa, agisce schiavo dei suoi sentimenti soggettivi che lo possono far sbagliare, fargli commettere gravi errori, in realtà, fargli fare il contrario di ciò che vuole. Nell'uno e nell'altro caso, tanto il debole Yogi che lo stupido santo arrivano ad un punto morto. Essi sono diventati incapaci di ogni ulteriore sviluppo. "Per afferrare questa distinzione e in generale la differenza di natura del sapere e dell'essere e la loro interdipendenza, è indispensabile comprendere il rapporto del sapere e dell'essere presi insieme, con la comprensione. Il sapere è una cosa, la comprensione è un'altra. Ma la gente confonde spesso queste due idee, oppure non vede nettamente dove sta la differenza. "Il sapere di per sé stesso non dà comprensione. E la comprensione non potrebbe essere aumentata da un accrescimento del solo sapere. La comprensione dipende dalla relazione tra il sapere e l'essere. La comprensione risulta dalla congiunzione del sapere e dell'essere. Di conseguenza l'essere ed il sapere non debbono divergere troppo, altrimenti la comprensione risulterebbe molto distante dall'uno e dall'altro. Ripetiamo: la relazione tra il sapere e l'essere non cambia per un semplice accrescimento del sapere. Essa cambia solamente quando l'essere cresce parallelamente al sapere. In altri termini, la comprensione non cresce che in funzione dello sviluppo dell'essere. "Le persone, sovente confondono questi concetti e non afferrano chiaramente quale è la differenza tra di essi. Pensano che se si sa di più, si deve comprendere di più. Questo è il motivo per cui esse accumulano il sapere o quello che chiamano così, ma non sanno come si accumula la comprensione e non se ne preoccupano. "Tuttavia una persona esercitata all'osservazione di sé, sa con certezza che in differenti periodi della sua vita ha compreso una stessa idea, uno stesso pensiero, in modo totalmente diverso. Sovente le sembra strano, di aver potuto comprendere così male ciò che adesso crede di comprendere così bene. E, ciononostante, si rende conto che il suo sapere è rimasto lo stesso, e che oggi non sa niente più di ieri. Che cosa dunque è cambiato? È il suo essere che è cambiato. Quando l'essere cambia, anche la comprensione deve cambiare. (.....) "Nell'ambito delle attività pratiche le persone sanno molto bene fare la differenza tra il semplice sapere e la comprensione. Esse si rendono conto che sapere e saper fare sono due cose del tutto diverse, e che saper fare non è frutto del solo sapere. Ma fuori dal campo della loro attività pratica le persone non comprendono più che cosa significa : ‘comprendere’. "Come regola generale, quando le persone si rendono conto che non comprendono una cosa, cercano di trovarle un nome, quando hanno trovato un nome, dicono che 'comprendono'; ma 'trovare un nome' non significa comprendere. Purtroppo, la gente si soddisfa abitualmente dei nomi e un uomo che conosce un gran numero di nomi, cioè un gran numero di parole, ha la reputazione di comprendere molto, eccetto naturalmente nella sfera delle attività pratiche in cui la sua ignoranza non tarda a diventare evidente.

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